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escolhidos por MARIA PINTO
(Maria Regina Pinto Pereira)

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domingo, 16 de novembro de 2014

Brescia - Itália

RITORNO AL RINASCIMENTO

   
 Brescia si fa in tre per raccontare il nostro nobile passato. Attuale più che mai per la crisi da cui nacque. E per i sentimenti dei personaggi ritratti a partire da Giorgione Bianca Martinelli 
 

pubblicato sabato 15 novembre 2014

Secoli diversi, problematiche che sono evergreen. Perché l’amore e il sentimento, si sa, da sempre scardinano le più ferree convinzioni, riscrivono intere scale valoriali, annullano confini geografici e sbriciolano solide certezze, spostando in alto le soglie di sopportazione di sentimenti come dolore e rassegnazione che prima si pensavano insopportabili.
Parlano anche di questo, dell’amore e dei suoi patimenti, i tre dipinti di "Giorgione e Savoldo. Note di un ritratto amoroso”, mostra ospitata fino al 9 novembre ospitata nel Museo di Santa Giulia a Brescia e primo appuntamento di "Rinascimento”, la grande rassegna in tre tappe (la seconda e la terza sono "Fra Bartolomeo. Sacra Famiglia a modello” 20 novembre - 18 gennaio e "Raffaello. Opera Prima” 29 gennaio - 6 aprile) che fino a primavera affiancherà opere di proprietà dei Civici Musei a quelle di alcune prestigiose istituzioni museali nazionali e internazionali. Tre mostre-studio, tre piccole gemme, contenute e concentrate, all’interno di una rassegna che, lontana dalla sindrome da "grande evento", propone poche, selezionatissime, opere poste in un dialogo intimo e serrato al fine di mantenere viva e costante l’attenzione del pubblico sul cospicuo patrimonio artistico cittadino, un tempo in bella vista nelle sale della Pinacoteca Civica Tosio Martinengo chiusa per restauri da qualche anno e che non riaprirà i battenti prima del 2018. 

Bernardino di Bosio Zaganelli, Madonna con il Bambino, Brescia, Pinacoteca Tosio Martinengo
L’intento è dunque quello di risfoderare, e rispolverare, i capolavori dormienti nei depositi bresciani attraverso una singolare sinergia con opere "forestiere”, per fornire letture inedite e ricostruire spaccati storici.
Se la National Gallery di Londra, il Palais des Beaux-arts di Lille e il Museo Nazionale di Capodimonte saranno gli enti prestatori futuri, il primo appuntamento ha inaugurato con ilDoppio Ritratto Ludovisi di Giorgione, direttamente del museo romano di Palazzo Venezia, ilRitratto di Giovane di Giovan Girolamo Savoldo proveniente dalla Galleria Borghese di Roma e ilFlautista, sempre di Savoldo, la cui cronistoria vanta un passaggio seicentesco all’interno della collezione del Cardinale Richelieu prima di essere aggiudicato all’asta, nel 1994, dall’Unicredit Art Collection per conto della quale è in deposito presso la Pinacoteca.
La prima triade di tele andata in mostra ha dispensato frammenti di una Venezia primo-cinquecentesca: narrando dei suoi giovani, delle loro passioni e descrivendo le loro consuetudini, permettendoci di scoprire, non senza stupore, un universo pazzescamente affine a quello odierno. Così il Doppio Ritratto giorgionesco, centrale in questo percorso espositivo così come nella storia dell’arte, e caposaldo di un nuovo modo d’intendere la ritrattistica moderna di area italiana all’affacciarsi dell’epoca cinquecentesca, ci parla di sentimenti ambivalenti, di speranze disattese, di amori non corrisposti e di sospiri malcelati. 

Giorgione, Doppio ritratto Ludovisi
In primo piano un giovane malinconico, il capo abbandonato e sorretto da una mano troppo debole per sostenerne gli incalzanti interrogativi al suo interno, è la vittima di un amore ambiguo, forse non corrisposto, forse fatto di belle parole a cui non seguono fatti, che ha il sapore agrodolce del frutto posto all’angolo destro della composizione. Leggermente retrostante, un personaggio dall’aria spavalda e dal sorriso enigmatico (tutt’oggi un mistero per la critica) punta lo sguardo dritto verso lo spettatore. Una sorta di "selfie” ante litteram che, si fosse trattato del XXI secolo, non avrebbero esitato a condividere sui social network quale testimonianza in tempo reale delle loro peripezie amorose. Eppure, seppur coi mezzi consentiti dalla loro epoca, nemmeno i giovani rampolli della Venezia del XVI° secolo furono esenti dagli affanni sentimentali e si affidarono al ritratto per raccontare un po’ di sé stessi ed esorcizzare ciò che li turbava. Mezzi antichi, dunque, per restituire visivamente e conservare memoria di situazioni che ieri come oggi si tramandano immutate.
Allo stesso modo Giovan Girolamo Savoldo, bresciano imbevuto di cultura veneziana ove fu attivo vent’anni dopo Giorgione, documentò la diffusa pratica della musica ritraendo un giovane aristocratico e il suo strumento. Ad accomunarlo al capolavoro giorgionesco è l’atmosfera sospesa, l’iconografia del giovane malinconico e la netta sensazione, provata dallo spettatore, di aver fatto irruzione in un momento d’intimità, interrompendo qualcosa, una flautata melodia o lo scorrere inesorabile di pensieri.

Raffaello, Padre Eterno e Madonna, Napoli Museo Nazionele di Capodimonte

Le tre mostre-dossier che si susseguiranno fino a primavera, sono affiancate dall'esposizione "Svelare l'arte. Scoperte e restauri per la nuova Pinacoteca Tosio Martinengo" che, fino all’11 gennaio 2015, propone una selezione dei risultati della recente campagna biennale di ricerche e restauri effettuati sulle opere dei Civici Musei in attesa di essere ricollocate nella dormiente Pinacoteca. In mostra ventinove di dipinti, cronologicamente databili dal Trecento al Cinquecento, di cui alcuni esposti per la prima al pubblico.
La selezione è stata operata sulla base delle sorprese attributive e di alcuni inaspettati risultati emersi nel corso dei lavori tra cui, ad esempio, l’individuazione di una nuova personalità artistica, per ora genericamente denominata con l’appellativo di Maestro di Sant’Ambrogio, a cui sono stati ricondotti gli affreschi strappati dell’omonima chiesa, sita in Piazza Vittoria a Brescia, prima delle demolizioni del 1929. Tra le sorprese, invece, è spuntata (letteralmente) una Madonna degli angeli attribuita a Tommaso Bona, emersa da sotto la fodera retrostante un dipinto raffigurante L’incontro di Gioacchino e Anna di un anonimo autore bresciano del ‘500. Ancora: la riscoperta di un Paradiso mai più esposto al pubblico dal 1888, attribuito di volta in volta a Girolamo Rossi, Pietro Marone o Orazio Pilati e ora verosimilmente ritenuto opera collettiva dei tre, o l’inserimento all’ambito di Luca Cambiaso di un trittico che prima si pensava degli anni giovanili del Romanino.
Il percorso espositivo si avvale di pannelli interrativi con monitor touch-screen che permettono di osservare le opere, scandagliarne la superficie attraverso la funzione "ingrandimento-immagine”, confrontare le versioni precedenti e conseguenti al restauro e osservare i particolari, gli studi e i risultati emersi nel corso delle indagini chimiche e fotografiche, in un’affascinante e utile ricostruzione degli steps che hanno condotto a formulare nuove attribuzioni.
Innovazione al servizio della museologia, insomma, funzionale ad una novella concezione di museo in cui l’odierna tecnologia assume carattere ausiliario ma non preminente. Per un museo dotato di maggiore interazione, in tutte le sue auspicabili forme.

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